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QUELLE GIOVANI VITTIME DEL DISPREZZO DELLA CAMORRA PER LA VITA

 

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La storia si ripete: “corsi e ricorsi storici”, sentenziava Giambattista Vico. I boss della camorra conducono la loro sporca guerra e, a pagare il conto più salato, morendo ammazzati, sono ancora una volta i giovani napoletani, anche quelli incensurati e che non hanno nulla a che fare con la malavita. I recenti casi di cronaca dei due ragazzi, poco più che maggiorenni, freddati nella periferia di Napoli probabilmente per un regolamento di conti, e del barista ucciso da un colpo vagante, danno lo spaccato di una città che ancora soffre per le sue annose piaghe.

E come se non bastasse ci si accorge che siamo sprofondati, come prima e forse più di prima, in una vera e propria emergenza. Questa volta l’allarme non proviene dai rifiuti o dai conti della sanità, ma dal disprezzo della mafia per la vita che contagia i giovani e fa sì che essi decidano di affidarsi ad essa, mettendo la propria vita in una roulette russa. Tre le persone trucidate e molti pensano che forti tensioni tra le faide camorristiche possano riaprire un sanguinoso regolamento di conti, in cui finiscono per essere uccisi anche gli innocenti, come nel caso del barista di Casoria.

Il Sindaco De Magistris, che certo non vive un buon momento politico a causa delle dimissioni dell’assessore alla legalità Narducci, ha subito invitato il governo nazionale a farsi carico del problema dei giovani napoletani, che magari in assenza di lavoro cedono alle lusinghe e ai soldi facili della camorra.

Ciò rappresenta una triste realtà. Ma lavoro o non lavoro, i giovani devono assolutamente capire che la vita è un dono che non va svenduto per nessuna regione. Queste tragedie si sono già verificate a Napoli e ogni volta abbiamo sentito accorati appelli di disappunto e sgomento, anche se pare che essi a nulla siano serviti. Viene da domandarsi, quindi, se non sia necessario e doveroso, a questo punto, passare dalle parole ai fatti. Evitare appelli che cadono nel vuoto, ma adoperare piuttosto una strategia concreta per fermare, in qualche modo, questa piaga.

Se da una parte l’imperativo categorico per le autorità deve essere la certezza della pena per chi compie queste violenze, dall’altra la prevenzione può e deve essere il primo degli obiettivi da raggiungere. Bisogna invadere le scuole e far comprendere che la vita è una sola, va difesa e non svenduta al primo capoclan. Per questo, non è necessario (anche se sicuramente serve) l’aiuto del governo nazionale. Serve innanzitutto l’impegno e la presenza costante delle istituzioni sul territorio, e non soltanto in termini economici ma anche e soprattutto sociali. Forse è una goccia nell’oceano, ma pur sempre qualcosa di utile. La vita è sacra, senza se e senza ma.

 

 

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