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BUD E LA SUA NAPOLI – di A. Iovino

In occasione della mostra su Bud Spencer allestita al Palazzo Reale di Napoli, è stato realizzato un catalogo curato da Umberto Croppi, in cui sono raccolte alcune testimonianze esclusive riguardo l’incredibile vita del “gigante buono”.

Oltre che i contributi della famiglia, dell’amico di sempre Terence Hill, del suo biografo Lorenzo De Luca e di alcuni altri suoi compagni di lavoro e di vita, c’è anche uno scritto di Alessandro Iovino: “Bud e la sua Napoli”.

Qui invece alcuni articoli della mostra, con la visita del Presidente della Camera Roberto Fico e dell’attore Salvatore Esposito:

 

IL MATTINO 

IL ROMA 

 

 

Ecco il testo:

La leggenda narra che quando Carlo Pedersoli (in arte Bud Spencer) e Andrea Cannavale (altro gigante della tradizione cinematografica partenopea) giravano le scene della fortunata produzione di Piedone lo sbirro, nei quartieri più popolosi della città, erano accolti sempre calorosamente da una gran folla di fans, pronti ad accoglierli con babà, sfogliatelle e pizze fritte. Come si può immaginare, i due attori, per loro stessa ammissione apprezzavano molto.

Ma non solo.

Una volta Bud ha raccontato, in una lunga intervista in coppia con Cannavale in Rai, che la produzione di Piedone aveva deciso di girare una scena nel Rione Sanità, nella piazza di San Vincenzo. Fu una delle scene più brevi ma per le quali ci volle più tempo (e risorse) per girarla. Arrivati sul posto, si fece una gran confusione. I soliti bagni di folla, le grandi adunate, poi le grida, gli abbracci e perfino i baci per il mitico Bud. Quando finalmente sembrava essersi tutto tranquillizzato, oltre ogni limite massimo la produzione si accingeva a girare la scena che doveva ambientarsi in una solenne atmosfera, in cui veniva rappresentato l’incontro di Piedone lo sbirro (Bud) con uno dei “capi” della zona, nella piazza finalmente cadde il silenzio. Ma non appena si iniziava a girare, da un balcone, una rumorosa finestra si apriva. La produzione, dopo aver invano tentato di convincere quest’uomo a chiudere la finestra, si decise per risolvere la questione di dare una “mancia” al proprietario di questa casa, che finalmente si barricò in casa. Non appena si iniziò, ecco che se ne aprì un’altra. Quindi un’altra mancia, ma poi si aprì un’altra finestra. Insomma: la produzione dovette investire un capitale per distribuire “mance” a chiunque avesse un finestra sulla piazza per non farla aprire durate le riprese.

Bud raccontava questo episodio con il sorriso, ponendo enfasi sulla creatività, l’arte di arrangiarsi e la capacità di adattarsi a tutto dei napoletani. Caratteristiche che poi hanno accompagnato questo gigante gentile ovunque nel mondo. In tutte le sue mille vite.

 

“Non sono un italiano, sono napoletano”.

Questa è una delle espressioni più conosciute di Bud Spencer, di quelle che oggi spopolano sul web e vengono condivise ad ogni piè sospinto soprattutto dai napoletani che non hanno mai dimenticato il loro beniamino. Una dichiarazione quasi ostentata e più volte ripetuta, in tutte le tv del mondo. Una manifestazione d’amore per la sua Napoli, la città che l’ha visto nascere anche se poi partire troppo in fretta.

 

Tutto ebbe inizio nel quartiere Santa Lucia, a ridosso del lungomare. Quasi a presagire il suo grande amore per il mare ed il nuoto. Un richiamo verso l’infinito, verso il mondo. L’infanzia non facile, ma comunque felice in quei quartieri, dove Bud crebbe come uno scugnizzo. Lo ricorda bene Luciano De Crescenzo, che nacque nello stesso palazzo in via Generale Orsini. Il grande scrittore, in una prefazione al libro di Bud “Mangio ergo Sum” (NPE, 2014), raccontò come decise di farsi amico il giovane Carlo in un primo momento per pur “convenienza”, avendo già una stazza considerevole, in grado di tenere a bada gli scugnizzi troppo impertinenti. Nella stessa prefazione Luciano De Crescenzo, affermò “… io e Bud siamo fortunati perché siamo nati a Napoli”. Un destino già segnatoquello di Bud Spencer che proprio nelle sue fortunate pellicole cinematografiche ha quasi sempre intrepretato, proprio come quando era piccino e difendeva il suo amico Luciano, il “gigante buono”. 

 

Per questo motivo, per uno specifico linguaggio del corpo che è stato sapientemente diretto anche dai registi che lo hanno diretto, ha rappresentato per molte generazioni una figura paternalistica, di natura protettiva, di cui fidarsi e a cui affidarsi. Chi non ha almeno una volta immaginato di farsi difendere da Bud Spencer, dai bulli di scuola o da qualche amico troppo prepotente?

Un padre pronto a scendere in campo, per il bene dei più deboli, pronto a “togliere ai forti per dare in deboli”, un Robin Hood con qualche chilo di troppo, meno sfuggente, ma più forte.

 

Alla domanda su cosa ha rappresentato per lui Napoli, Bud rispose: “Beh, rappresenta molto, forse tutto. Non c’è un posto al mondo che io non ho visitato e devo dire che quando io penso e mi domandano qual è il posto del mondo che mi ha più colpito, allora io entro nella mia memoria e dico sempre: Napoli! Perché non c’è niente da fare: in questa città con tutti i suoi problemi, con tutte le sue cose, la vita frenetica ed i passaggi di storia attraverso fatti e vicende incredibili …  ci sta a pipp co’ fumm’ a ‘cop … lo vedo e quello rappresenta per me qualche cosa di incredibile …”.

 

Quanta poesia in queste parole. A pipp co’ fumm’ a ‘cop, è un riferimento al Vesuvio, ed all’incredibile scenario che esso rappresenta per Napoli.

Quando nel marzo del 2015 il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris decise di omaggiarlo con una medaglia speciale i giornali titolarono: “Il gigante buono torna a casa!”. La sala della Giunta di Palazzo San Giacomo era gremita come non mai. Non solo gironalisti, ma anche la famiglia, gli amici di una vita, gente comune che ha amato Bud in modo profondo ed autentico.

Un riconoscimento che l’attore apprezzò molto, quasi l’aspettava da tempo. A chi lo “rimproverava” di essere romano d’adozione, spiegò come la guerra e la crisi economica del padre lo costrinsero a lasciare Napoli insieme alla famiglia per cercare fortuna altrove.

Bud ha sempre omaggiato Napoli in tutto il mondo. Ma in questa occasione fu la città a stringersi attorno al grande attore e nuotatore. La solita barba lunga fino al collo, gli occhi quasi nascosti, le grandi mani e la solita, inconfondibile voce. L’atmosfera era quella delle grandi occasioni: solenne ma gioiosa. La targa gli viene consegnata “in segno di profonda gratitudine e infinita ammirazione per la sua straordinaria carriera, ricca di grande umanità e passione per il cinema”.

 

In occasione della sua scomparsa, una della figlia dichiarò alla stampa: “ …mio padre è stato un uomo rinascimentale”. Infatti è stato un artista completo e poliedrico, con mille interessi, tante passioni e molti volti. Un uomo con tanti interessi e molteplici attività.

Negli ultimi anni della sua vita ha coltivato la sua passione per la musica, tanto da incidere un cd, uscito poi postumo.

Uno dei brani s’intitola: “Futtetenne”. Tipica espressione del dialetto napoletano che racchiude non solo la filosofia di vita di Bud Spencer ma anche quella di un popolo intero e della sua amata città: Napoli.

 

 Alessandro Iovino

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