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LAICITA’, RELIGIONE E SCUOLA

Con la sentenza n. 7076 il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha stabilito che l’ora di religione cattolica non porterà crediti aggiuntivi agli studenti in procinto di fare l’esame di maturità ed. inoltre, i docenti di religione non avranno lo stesso peso degli altri in sede di consiglio di classe per la valutazione didattica degli allievi. La sentenza è seguita ad una serie di ricorsi presentati da parte di molti studenti a partire dal 2007 seguiti da molte associazioni laiche. La decisione, come prevedibile, ha scatenato un dibattito politico forte. Nelle motivazioni che hanno caratterizzato questa sentenza i giudici fanno menzione anche al principio della laicità dello Stato, enunciato dalla Corte Costituzionale (sentenza n.203/89), ritenuto garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale: “Sul piano giuridico, un insegnamento di carattere etico e religioso, strettamente attinente alla fede individuale, non può assolutamente essere oggetto di una valutazione sul piano del profitto scolastico”. Molte le associazioni laiche e organizzazioni evangeliche che hanno valutato positivamente questa motivazione con cui si è argomentata la sentenza. Il presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, prof. Domenico Maselli, ha affermato: “Mi stupisco delle reazioni così accese intorno ad una sentenza che semplicemente ribadisce il dettato costituzionale della laicità dello Stato. Non si tratta di lotta anticattolica, ma della tutela dei diritti di quegli scolari che non si avvalgono dell’ IRC. La sentenza è la diretta conseguenza sia del fatto che l’ora di religione, sulla base dello stesso Concordato, è facoltativa, sia della dichiarazione della Corte Costituzionale secondo cui la Repubblica Italiana ha tra i suoi fondamenti il principio supremo della laicità”. Da un punto di vista politico, oltre che alla posizione dei Radicali ed alcuni esponenti isolati di altre formazioni politiche, l’unica voce fuori dal coro è stata quella del segretario di presidenza del Senato Lucio Malan, di fede valdese, che ha dichiarato: “Le polemiche sollevate sulla sentenza del Tar a proposito dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, dimostra la necessità di aggiornare finalmente le norme sulla libertà religiosa, regolata oggi da una legge del 1929, resa necessaria dal Concordato firmato da Mussolini. Il Concordato è stato rivisto, alla luce della Costituzione, nel 1984, ma la legge sui cosiddetti “culti ammessi” no. Diverse sue parti sono state dichiarate incostituzionali dalla Consulta, ma per il resto resta in vigore il testo dei tempi del fascismo. Dal 1996 si tenta di modificarla, con iniziative sia dei governi di centro sinistra sia di quelli di centro destra, sempre senza successo. In mancanza del pieno riconoscimento dei diritti delle minoranze, diventa così difficile anche per la maggioranza cattolica vedere tutelati quelli che vengono percepiti come diritti”. Il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini ha immediatamente difeso le rivendicazioni della chiesa cattolica annunciando di fare appello al Consiglio di Stato e denunciando un pericoloso nichilismo e relativismo presente in questa decisione del TAR. Sempre il presidente Maselli ha dichiarato che questa volta è ferma la decisione degli evangelici, rappresentati dalla federazione, di andare avanti fino in fondo e, se necessario, fare ricorso alla Corte costituzionale. Ancora più dure sono state le reazioni di mons. Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, che ha parlato di “bieco illuminismo”. Anche in questo caso la risposta del prof. Maselli non si è fatta attendere. Infatti egli ricorda come la separazione tra stato e chiesa sia antecedente all’ illuminismo: “Nel 1636, fu il pastore battista Roger Williams, che fondò la colonia di Rhode Island e la città di Providence, ad istituire la separazione tra potere civile e religioso sulla base della completa libertà religiosa. Qualche anno dopo nacque la colonia cattolica del Maryland che applicò anch’essa lo stesso principio. Un’idea dunque non certo illuminista, ma che storicamente parte dal mondo delle chiese evangeliche”. Si preannuncia dunque un dibattito molto accesso quello che seguirà alle decisioni del ministro Gelmini. La speranza è che possa nascere un confronto sereno che tenti di risolvere una perniciosa questione che dura da tanti decenni in Italia. La difesa dei diritti delle minoranze religiose è uno dei temi politici trasversali in cui è difficile trovare accordi e stabilire punti fermi. L’ingerenza, d’altronde, della chiesa cattolica su questi temi è notevole. Tuttavia non deve tramontare la speranza che il Signore può rendere sensibili anche i cuori più duri. Infatti pur per queste situazioni deve essere proprio il mondo evangelico a dimostrare che, al di là di tutto, la preghiera cambia le cose. Non solo attivismo politico, sociale e civile dunque ma anche preghiera, preghiera e preghiera.

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