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OLTRE LA FECONDAZIONE

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Un nobile e alto riconoscimento nei confronti di uomini che con le loro scoperte scientifiche, azioni sociali, rivoluzioni politiche e opere letterarie hanno cambiato la storia dell’umanità ma, soprattutto, hanno migliorato la vita degli uomini: con questo scopo è nato il Premio Nobel. L’Accademia di Svezia negli ultimi anni non ha mancato, però, di assegnare il Nobel a personaggi le cui azioni inducono a delle attente riflessioni e che spesso hanno suscitato la perplessità dei media e dell’opinione pubblica internazionale. Lo è stato addirittura per il popolarissimo presidente americano Barack Obama, al quale fu assegnato lo scorso anno il Nobel per la Pace, agli occhi dei più smaliziati visto come un riconoscimento più agli intenti che alla loro reale attuazione: insomma un prematuro encomio verso chi ancora deve dimostrare di aver portato benefici all’umanità.

Quest’anno il premio Nobel per la Medicina è stato assegnato a Robert Edwards, da tutti conosciuto come il padre di tutte le provette e dei bambini nati dalla fecondazione in vitro. Uno scienziato di alto profilo scientifico che ha certamente rivoluzionato l’evoluzione delle tecniche di fecondazione assistita e della procreazione moderna. Il Nobel giunge a circa quarantadue anni dalla prima volta in cui il medico inglese riuscì a fecondare un ovulo umano al di fuori del corpo di una donna. Risale invece al 1978 la nascita della prima bambina in provetta, alla quale sono seguiti, si calcola, circa quattro milioni di bambini. La scoperta di Edwards, come spesso accade per eventi epocali, ha aperto scenari non solo inerenti la scienza della fecondazione assistita ma che investono anche questioni antropologiche e religiose. Il merito, comunque, è quello di aver consentito di avere figli a delle coppie che non ne potevano avere. Tuttavia la scoperta dello scienziato inglese viene spesso ridotta solo a questo aspetto, banalizzando quindi un dibattito molto complesso. Oggi è necessario riflettere su come sono state utilizzate quelle tecniche e su come saranno usate in futuro. Per tanto, come sottolineato dalla Chiesa cattolica, ma anche da molti laici, bisogna interrogarsi su che tipo di società vogliamo costruire e su quali sono, e dovranno essere, i limiti della scienza. Un problema, se vogliamo, anche politico. Infatti questa scoperta ha modificato anche la struttura della nostra società: abbiamo delle mamme in stato anagrafico molto avanzato, uteri in affitto, figli per omosessuali, mercato nero degli ovociti nonché casi di cronaca stravaganti scaturiti dall’abuso di questa pratica. Per non parlare degli embrioni congelati abbandonati e distrutti che inducono a riflettere seriamente su quale possa essere il confine tra la vita e ciò che non lo è.

Secondo Monsignor Carrasco, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ‘‘Edwards non ha in fondo risolto il problema dell’infertilità, che è un problema serio, né dal punto di vista patologico né epidemiologico. Insomma non è entrato nel problema, ha trovato una soluzione scavalcando il problema dell’infertilità. Bisogna aspettare che la ricerca dia un’altra soluzione, anche più economica e quindi più accessibile della fecondazione in vitro, che tra l’altro presenta costi ingenti’’. Sembra perciò paradossale che in Italia subito si riduca tutto tra una lotta tra scienza e fede, tra oscurantismo e progresso. Tutto ciò non ha senso, perché la strumentalizzazione politica di questo particolare argomento non giova a nessuno. La fecondazione in vitro, e tutto ciò che comporta, è una questione etica delicata su cui la Chiesa cattolica ha il diritto di intervenire e sollevare delle discussioni, anche se si tratta della scoperta di un Premio Nobel come Robert Edwards.

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